sabato 9 maggio 2009

Aci Trezza


Sono partita da casa con in mente questo nome: Aci Trezza.

E non so perche', se mi deriva da qualche ricordo di scuola, o se e' il nome che mi suona bene, o se per le foto di Mario che ogni tanto "prendo a prestito per raccontare le mie emozioni".

Fatto sta che ora sono qui, seduta sui sassi del porto, con di fronte a me il paese, sotto a me il porto e intorno un mondo di pescatori, ragazzi a prendere il sole, turisti, moto e macchine.

Ma soprattutto un mondo di colori, di tutti i colori ma con un azzurro che domina su tutto, l'azzurro del mare, del cielo e delle barche di Aci Trezza, un mondo di suoni, di dialetto siculo, di motorini "si va in due ma uno non mette mai il casco", di rumore del vento nelle orecchie, di risa e chiacchiere di ragazze che amoreggiano, di salti giu' dal molo per scendere, di vento che passa nelle sartie delle barche (si chiamavano sartie? Mah...).

Un mondo di rumori sopiti dei motori delle barche, di rumore di operosita' soffusa, che non balza all'occhio ma che si vede appena lo sguardo si sofferma, fatto di secchi di vernice fresca di fianco a una barca, di uomini con la pelle color cuoio (che non credevo davvero esistessero) e il viso attraversato di rughe che paiono piccole colate laviche, del suono della campana della chiesa che si apre sul porto e lo domina e che mi pare di immaginare con gli occhi dei pescatori che tornano dal mare grosso e guardano a lei come la lampada che finalmente rischiara il buio della paura del mare.

Un mondo con il sole che scalda la pelle, con i sassi che pungono e i Ciclopi che sbucano al di sopra delle spalle, come sentinelle del mare.

Un mondo in cui il richiamo del mare, l'odore del mare puo' far girare la testa.

Un mondo dove e' bello perdersi, anche solo il tempo necessario per scrivere questo post...

(Stasera aggiungo una foto... Se sono venute come spero...)
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