Per quanto si sia preparati alla morte di una persona cara, quando arriva il momento è sempre un graffio sul cuore.
E si passano i momenti del giorno e della notte a ripensare alle risate, alle telefonate, agli incontri... a quell'ultimo incontro, solo venerdì pomeriggio, quanto, seppur seppellita dal lavoro incombente, ho preso l'auto e sono passata a salutare la zia.
Me ne sono andata dicendole:ci rivediamo.
lunedì 24 luglio 2017
mercoledì 12 luglio 2017
Convegno al Senato della Repubblica con Soroptimist Italia
Ho partecipato con una brevissima relazione, a un convegno nazionale organizzato dal Soroptimist Italia con la Commissione Diritti Umani del Senato.
Inutile dire quanto sia stata orgogliosa di raccontare l'idea di una mappa del Progetto Nazionale "Una stanza tutta per sè",
Qua le foto
Inutile dire quanto sia stata orgogliosa di raccontare l'idea di una mappa del Progetto Nazionale "Una stanza tutta per sè",
Qua le foto
39 + 1
Il giorno che ho capito che non sarei mai stata mamma.
Mancavano due settimane ai miei quaranta.
Ero decisamente una bella donna, un buon lavoro, tanti interessi, amiche che mi volevano e mi vogliono bene come sorelle e delle quali non potrei mai fare a meno, ma soprattutto una bella famiglia composta da Daniele mio marito, e da me.
Ho cominciato a pensare alla festa, da organizzare "alla grande" perché i quaranta sono un traguardo importante, perché ero sana, la vita sorrideva tra mille e mille difficoltà.
Eppure mi sono trovata a piangere, a dirotto, come non mi era capitato nemmeno per la perdita di persone care.
Piangere a sfinimento, fin che gli occhi hanno finito le lacrime e il cuore si è sentito vuotato.
Gli anni passavano e, per mille motivi, un bimbo o una bimba non erano mai arrivati.
Erano rimasti in cielo.
E quaranta era una data un po' limite, se non fisiologico, nella mia testa. Non perché io pensi che i figli si fanno da giovani, ma per il motivo che se non erano arrivati prima, difficilmente sarebbero arrivati poi.
Il giorno del mio compleanno, sulla torta, non c'era scritto 40 ma 39 + 1.
Non ho mai capito il perché di quella mia scelta, che al momento mi era sembrata solo una trovata per scherzarci su.
Oggi penso che quel "+1" uno volesse dire molto più di un anno in più: che rappresentasse quell'unità che mi mancava per essere la persona che avrei tanto voluto essere.
Sono passati dodici anni da quel momento, e solo ora riesco, a malapena a scriverne.
Ma parlarne, credo, non potrei ancora. Forse non ci riuscirò mai.
Mancavano due settimane ai miei quaranta.
Ero decisamente una bella donna, un buon lavoro, tanti interessi, amiche che mi volevano e mi vogliono bene come sorelle e delle quali non potrei mai fare a meno, ma soprattutto una bella famiglia composta da Daniele mio marito, e da me.
Ho cominciato a pensare alla festa, da organizzare "alla grande" perché i quaranta sono un traguardo importante, perché ero sana, la vita sorrideva tra mille e mille difficoltà.
Eppure mi sono trovata a piangere, a dirotto, come non mi era capitato nemmeno per la perdita di persone care.
Piangere a sfinimento, fin che gli occhi hanno finito le lacrime e il cuore si è sentito vuotato.
Gli anni passavano e, per mille motivi, un bimbo o una bimba non erano mai arrivati.
Erano rimasti in cielo.
E quaranta era una data un po' limite, se non fisiologico, nella mia testa. Non perché io pensi che i figli si fanno da giovani, ma per il motivo che se non erano arrivati prima, difficilmente sarebbero arrivati poi.
Il giorno del mio compleanno, sulla torta, non c'era scritto 40 ma 39 + 1.
Non ho mai capito il perché di quella mia scelta, che al momento mi era sembrata solo una trovata per scherzarci su.
Oggi penso che quel "+1" uno volesse dire molto più di un anno in più: che rappresentasse quell'unità che mi mancava per essere la persona che avrei tanto voluto essere.
Sono passati dodici anni da quel momento, e solo ora riesco, a malapena a scriverne.
Ma parlarne, credo, non potrei ancora. Forse non ci riuscirò mai.
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