C'è un momento, in tutti i rapporti con altre persone, di qualsiasi tipo, in cui la fase di primo "innamoramento" lascia il posto alla quotidianità.
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E' bello scoprire nuove persone, scoprire il loro modo di pensare, di rapportarsi a noi, il modo in cui condividiamo idee, sensazioni e in cui, piano piano, nasce una possibile amicizia.
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Ma poi arriva il momento del quotidiano, quello in cui non tanto si getta la propria maschera, ma in cui si vede cosa c'è sotto la maschera dell'altro, momento che magari coincide con quello in cui l'altra persona sta sbirciando sotto la nostra.
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Il momento in cui sembra non ci sia più nulla da scoprire, perchè si (pensa) di capire tutto dell'altra persona, in cui si sa già quali sono i pregi, ma anche i difetti, in cui pensiamo di aver finito di "indovinare".
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E diventa un momento importante, quello in cui si comincia a costruire la voglia di continuare, ma è difficile, soprattutto con le distanze; soprattutto quando con un click si ha la possibilità di escludere quella persona da ogni contatto.
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E, spesso, quasi senza accorgersi, quelle distanze che si erano colmate alla velocità della luce nel momento di conoscersi, ricominciano ad allargarsi, ma in modo impercettibile, fino a diventare incolmabili.
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Capita, spesso, con le amicizie della porta accanto, con le persone che frequentiamo fisicamente nel nostro ambito, ma capita molto ma molto più spesso con le "amicizie" in rete, o almeno questa è la mia sensazione.
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Euforia iniziale, si fanno migliaia di chilometri su e giù per l'Italia per conoscersi, "toccarsi", parlarsi di persona per un mese, qualche mese ... ma poi magari non ci si sente più, senza nemmeno capire come si sia arrivati a non sapere più nulla uno dell'altro.
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Tanti strumenti che si usano, e parlo di facebook, friendfeed, anche i blog, forse ci fanno pensare di potere avere più rapporti di quelli che ci potremmo permettere di avere se non ci fossero. Certe volte leggere facebook può portare a pensare di "sapere" cosa fa una persona, anche se bisognerebbe avere il coraggio di ammettere che davvero non se ne capisce mai nulla.
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Ma il tempo che si dedica ad una amicizia, e mi riferisco al tempo mentale, non si ferma alla chattata, o al commento su un post, o alla risposta a un twitt, solo per fare un esempio: essere amico comporta ascolto, comporta che quell'ascolto deve entrarti dentro, comporta che non devi chiedere a un amico come mai è giù di morale se te l'ha detto solo il giorno prima.
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Una amicizia parla tante lingue, quella della voce, quella della parola scritta, quella delle mail e degli sms, ma chiede un filo diretto tra la nostra mente e quella della persona che consideriamo amica.
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E quello che sto davvero cominciando a comprendere è che il numero di fili che si possono attaccare ad ogni singola mente, indipendentemente da quanto lo si desideri, non può aumentare moltiplicando per 2.0...
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