venerdì 11 marzo 2011

Piazzale della piscina Olimpionica, la preghiera islamica del venerdì

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Como è città di frontiera, confina con Chiasso e con una quantità di zone montagnose dove i sentieri dei contrabbandieri, anni fa e per un certo tempo, servivano anche per arrivare in Svizzera eludendo i controlli.

Ora non più, sono presidiati, mi dicono. Però è indubbio il fascino che esercita questa zona per chi cerca un futuro lontano dal suo paese.
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Gli extracomunitari, che provengono da tutte le zone di emigrazione, sono ormai parecchi da queste parti.
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E le persone, quando partono senza nulla, si portano dietro il poco che hanno: sopratutto, spesso, si portano il loro "credo", la loro religione. E ho come l'impressione che più la valigia sia vuota di cose e più sia piena del "dio" di ciascuno.
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E' per la seconda volta di fila che passo in auto, di venerdì durante la pausa pranzo, vicino al Piazzale della Piscina di Camerlata. E mi piace sbirciare in giro.
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Ed è la seconda volta che vedo, in uno spazio ricavato tra le auto parcheggiate, un gruppo numeroso di uomini, allineati ordinatamente, che pregano, nella tipica posizione musulmana, verso est.
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E ne sono turbata.
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La mia città ha una quantità di spazi inutilizzati: è vero, forse sono vecchi e malridotti. Però sono vuoti.
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C'è una scuola, vicino al mio ufficio: molti bimbi che la frequentano sono extracomunitari. E tra una decina d'anni saranno maggiorenni, cittadini italiani.
E voteranno.
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Non serve una grande immaginazione per andare appena più in là nel tempo per capire che, se non si comincia a costruire oggi una convivenza impossibile (e siamo già in ritardo), tra un soffio di tempo sarà troppo tardi.
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E' stata fatta la scelta di ospitare queste persone.
Sono tra di noi.
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E oggi mi sono chiesta fino a che punto non sia una scelta quella di non decidere come impostare il nostro futuro comune.
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