Le vacanze, secondo me, sono davvero riuscite se si dedica del tempo a se stessi.
Per fare cosa? Niente.
Fare niente è un regalo preziosissimo che dovremmo permetterci almeno una volta l'anno.
Fare niente fa si che tutto nella nostra vita si resetti, che si appiattisca, che vada anche a finire su una linea piatta di pseudo morte apparente, che, però, è la nostra salvezza.
Sono arrivata a Lanzarote stanca, molto molto stanca. E non solo fisicamente.
La mia mente non stava ferma un secondo, era come una serie di picchi e cadute sequenziali di un elettrocardiogramma in fase pre infarto.
E poi sono riuscita a non fare nulla. Doppia negazione? Forse, ma è l'unico modo di fermarsi davvero.
E dopo la linea piatta, piano piano, ora provo a riprendere, di modo che l'onda che si crea nella vita sia più armonica, con salite e discese dolci, con regolarità.
Se ci sarà riuscita lo scoprirò la prossima settimana al rientro.
Intanto mi godo ancora il silenzio, la linea piatta e qualche click di fotografia.
martedì 25 agosto 2015
lunedì 17 agosto 2015
Riflessioni di viaggio
Ieri ero in aeroporto.
Per prevenire ogni possibilità di sfortunata coincidenza, obbligo mio marito ad arrivare in aeroporto con "congruo" anticipo.
Il risultato è che spesso, come ieri, ci sentiamo dire che "il check in apre due ore prima del volo: è troppo presto".
E, come ieri, tocca aspettare.
E quando non si ha nulla da fare se non aspettare un volo che porti in vacanza, la mente è libera di vagare e osservare.
E sorridere.
E farsi domande del tipo: "perché la gente si mette il cappello per prendere un volo?"
Sono tanti, davvero tanti quelli che hanno il cappello in testa.
E non sono solo quelli tipo borsalino, che, va beh, potrebbero schiacciarsi, ma tanti hanno i berrettini a visiera.
Se qualcuno ha la risposta è pregato di scrivermela nei commenti. Avrà la mia gratitudine per aver colmato una lacuna.
E osservare quelli che si fanno la foto prima di consegnare la valigia al check in, bloccando file e file di persone (immaginatevi cosa era ieri 16 agosto, l'aeroporto di Bergamo). C'era la fila per quelli di Settemari (credo), che arrivava fino al check in di fronte (Ryanair), e loro a bloccare, e per un bel po', tutto il traffico umano per una foto. Di cosa? Loro che partivano. Boh,
E mentre ero seduta sulla valigia, in attesa del mio check in (che qualcuno avrà pensato: ma si puà arrivare tanto in anticipo da dover aspettare persino per la consegna della valigia), mentre ero lì ad aspettare, sono arrivati dei ragazzi che hanno cominciato a pesare le valigie sul nastro, e una pesava troppo, e l'altra troppo poco, e allora mi hanno aperto la valigia davanti e hanno cominciato a spostare cose. Viva la privacy.
E poi, consegnate le valigie, passato il controllo, mangiato un panino, pronti sulle poltroncine di fianco all'imbarco, sempre con stra congruo anticipo, ho cominciato ad ascoltare le signorine degli altoparlanti.
Ogni volta che chiudevano un volo facevano l'appello di almeno due, più spesso quattro, ritardatari.
Ecco, un altro dubbio che ho: ma come si fa a farsi richiamare, e più volte, quando sai che l'unico motivo per cui sei all'aeroporto dopo aver passato i controlli è che su quel volo ci devi salire?
E poi via, verso la tanto necessaria vacanza.
Per prevenire ogni possibilità di sfortunata coincidenza, obbligo mio marito ad arrivare in aeroporto con "congruo" anticipo.
Il risultato è che spesso, come ieri, ci sentiamo dire che "il check in apre due ore prima del volo: è troppo presto".
E, come ieri, tocca aspettare.
E quando non si ha nulla da fare se non aspettare un volo che porti in vacanza, la mente è libera di vagare e osservare.
E sorridere.
E farsi domande del tipo: "perché la gente si mette il cappello per prendere un volo?"
Sono tanti, davvero tanti quelli che hanno il cappello in testa.
E non sono solo quelli tipo borsalino, che, va beh, potrebbero schiacciarsi, ma tanti hanno i berrettini a visiera.
Se qualcuno ha la risposta è pregato di scrivermela nei commenti. Avrà la mia gratitudine per aver colmato una lacuna.
E osservare quelli che si fanno la foto prima di consegnare la valigia al check in, bloccando file e file di persone (immaginatevi cosa era ieri 16 agosto, l'aeroporto di Bergamo). C'era la fila per quelli di Settemari (credo), che arrivava fino al check in di fronte (Ryanair), e loro a bloccare, e per un bel po', tutto il traffico umano per una foto. Di cosa? Loro che partivano. Boh,
E mentre ero seduta sulla valigia, in attesa del mio check in (che qualcuno avrà pensato: ma si puà arrivare tanto in anticipo da dover aspettare persino per la consegna della valigia), mentre ero lì ad aspettare, sono arrivati dei ragazzi che hanno cominciato a pesare le valigie sul nastro, e una pesava troppo, e l'altra troppo poco, e allora mi hanno aperto la valigia davanti e hanno cominciato a spostare cose. Viva la privacy.
E poi, consegnate le valigie, passato il controllo, mangiato un panino, pronti sulle poltroncine di fianco all'imbarco, sempre con stra congruo anticipo, ho cominciato ad ascoltare le signorine degli altoparlanti.
Ogni volta che chiudevano un volo facevano l'appello di almeno due, più spesso quattro, ritardatari.
Ecco, un altro dubbio che ho: ma come si fa a farsi richiamare, e più volte, quando sai che l'unico motivo per cui sei all'aeroporto dopo aver passato i controlli è che su quel volo ci devi salire?
E poi via, verso la tanto necessaria vacanza.
venerdì 14 agosto 2015
Mararìa, Lanzarote
Tempo fa, e intendo almeno un anno fa, volevo "apprendere " Lanzarote direttamente da scrittori canari.
Ma non è facile se non si conosce lo spagnolo: esistono pochi, anzi pochissimi romanzi tradotti in italiano.
Cercando su ebay, che è un ottima risorsa per trovare libri particolari, ho acquistato per pochissimi Euro "Mararìa" di Rafael Arozarena, scrittore canario di Tenerife che ha ambientato il libro a Lanzarote, tra Fèmes, Uga, Yaiza, in parte Arrecife.
E' la storia di Maria, Mararìa, donna bellissima che vive una vita di tragedie, dolori, amata da tutti e odiata da tutti, mai accettata dai suoi compaesani, travolta da eventi che si susseguono senza sosta.
A fare da sfondo la bellissima isola di Lanzarote, che lo scrittore descrive in modo poetico, nostalgico, con colori, suoni, odori che attraversano il romanzo e avvolgono chi legge.
E un po' come quando cominci a vedere con occhi diversi una persona, a scoprirne i segreti, quelli che te ne faranno innamorare, così è stato per me leggere questo libro e scoprire i lati nascosti di Lanzarote, questa isola così spoglia, senza alberi, con il sole a picco, un'isola divisa in due da una enorme colata lavica, con due anime. Un'isola di cui innamorarsi ...
Bar Frey, Albate
Vivo nel quartiere di Albate da quando sono nata.
E da piccina ricordo le due grandi fabbriche di Albate: l'Omita, fabbrica di telai dove lavorava metà della mia famiglia, e la tessitura Frey, dove lavorava l'altra metà.
Negli anni '80 con l'avvento delle prime crisi, sia l'Omita che la Frey chiusero, ma, mentre l'Omita si è riorganizzata in centro industriale, la Frey ha avuto minor fortuna, fino a che, circa cinque anni fa, si è dato il via a una operazione immobiliare nella quale l'intera fabbrica è stata abbattuta per lasciare spazio a nuove abitazioni, negozi, una banca.
Da piccina ricordo le sirene che suonavano all'inizio e alla fine dei turni di lavoro, ricordo le file di operai e operaie che andavano a lavorare, gli uomini all'Omita, a costruire telai, e le donne al Frey, in tessitura. In pratica ogni famiglia, in Albate, aveva qualcuno, e spesso più di uno, occupato in queste due fabbriche.
Frey e Omita hanno portato benessere alla nostra Albate, ma senza fare mai perdere quel senso di unità di paese, di parrocchia che ancora ci distingue all'interno del Comune di Como in cui Albate è confluita nel 1943.
Di tutto il complesso sono rimasti due grandi alberi intorno ai quali è nata la piazza di Albate, che è forse una delle più grandi di tutto il Comune di Como.
E a questa piazza verrà dato il nome "Piazza del Tricolore". Nome bellissimo, non discuto, ma, mi chiedo, perchè non averla chiamata "Piazza Frey"?
Un pezzo di noi che verrà dimenticato.
E allora ringrazio un albatese che in quella piazza ha aperto un bar, un bel bar davvero, ha "stampato" su una parete la fotografia di quella fabbrica e ha chiamato il suo bar, "Bar Frey".
Andateci, vi porterà a fare più di qualche riflessione.
E il caffè è buono!
martedì 11 agosto 2015
Le prime ombre della sera, Lago di Como
E' una cosa particolare il tramonto sul lago di Como.
Ci sono interi paesi, come Lezzeno, che, durante l'Inverno, non vedono mai il sole.
E anche durante l'Estate, quando il sole cala, lo fa sparendo dietro alla montagna che si ha di fronte.
Tempo fa lessi una bellissima definizione del Lago di Como "il fiordo più a sud d'Europa".
Le montagne scendono a picco sul lago, e soprattutto nella parte del ramo che scende verso Como, il lago è davvero molto stretto in molti punti.
La sera, nel silenzio, si possono sentire i rumori provenire dalla sponda opposta e vedere e luci delle auto incolonnate in direzione Como.
La sera, nel silenzio e nel buio della propria casa, si fissano le luci delle case dell'altra sponda. Piccole luci, come di un presepe.
E si immaginano vite, in direzione dei sogni della notte.
lunedì 10 agosto 2015
San Lorenzo, le stelle e i desideri
Pare che quest'anno le stelle cadenti arriveranno qualche giorno dopo il 10 agosto, San Lorenzo.
Ma poco importa: stasera, se sarà sereno, passerò più di qualche minuto a guardare il cielo, sperando di vederne una.
Che poi, a dire il vero, so che bisogna guardare in un punto preciso del cielo, ma non so quale sia.
E poi, a dire il vero, anche se guardassi in quel punto so per certo che nel momento in cui guarderò io, le stelle faranno pausa caffè.
E poi, a dire il vero, poco importa che quella stella io la veda oppure no.
Avrò guardato il cielo, e avrò pensato a un desiderio.
Di veramente importante ne ho uno solo, non ho bisogno di scegliere.
E per ora la mia stella, quella stella, anche se invisibile, anche se nascosta, c'è sempre stata.
Ma poco importa: stasera, se sarà sereno, passerò più di qualche minuto a guardare il cielo, sperando di vederne una.
Che poi, a dire il vero, so che bisogna guardare in un punto preciso del cielo, ma non so quale sia.
E poi, a dire il vero, anche se guardassi in quel punto so per certo che nel momento in cui guarderò io, le stelle faranno pausa caffè.
E poi, a dire il vero, poco importa che quella stella io la veda oppure no.
Avrò guardato il cielo, e avrò pensato a un desiderio.
Di veramente importante ne ho uno solo, non ho bisogno di scegliere.
E per ora la mia stella, quella stella, anche se invisibile, anche se nascosta, c'è sempre stata.
Libri delle vacanze
L'aspetto che prediligo delle vacanze è che, finalmente, ho tempo di leggere.
Durante i miei quindici giorni di vacanza leggo più libri che in tutto il resto dell'anno, una media di un libro ogni due giorni, talvolta un libro al giorno.
Certo, si tratta di romanzi, non saggi o libri complicati, eppure libri che lasciano sempre qualcosa su cui riflettere.
Ieri ho iniziato, e finito, "Dimmi che credi al destino" di Luca Bianchini, un romanzo che la mia amica Laura mi ha regalato per il mio compleanno.
"Il destino è quella porta socchiusa da cui ogni tanto puoi sbirciare. E allora vedi che nulla avviene per caso e che tutto ha un senso, anche quando sembra non averlo."
E forse era proprio destino che leggessi questo libro in un particolare momento della mia vita, un libro che, attraverso Julie mi ha fatto comprendere perché amo tanto i fiori, che attraverso l'amicizia tra Ornella e la Patti mi ha fatto "vedere" le mie amicizie, e che mi ha dato un luogo, in Londra, "Parliament Hill" che, se quel viaggio che tanto desidero dovesse realizzarsi, mi aspetta per vedere gli aquiloni.
sabato 8 agosto 2015
Ferie
Ferie
Periodo di riposo, di vacanza, festivo o no. Si tratta di un diritto irrinunciabile del lavoratore ....
Vi rimando al sito di Treccani, enciclopedia on line, per tutto il resto della definizione.
Sono finalmente in ferie. O dovrei esserlo, perché la prossima settimana, qua e là, toccherà andare in ufficio di tanto in tanto, e perché anche dal mio luogo di vacanza almeno una volta al giorno dovrò collegarmi con la mail per vedere che non ci siano urgenze.
Riflettevo stamattina, primo giorno di "ferie", proprio su questo: da quando non si può più staccare nemmeno un giorno dal lavoro?.
Fino alla generazione dei nostri genitori esisteva il "pane doppio" al sabato, qualche volta anche il "pane triplo" se al week end precedeva o succedeva una festa.
Oggi non sappiamo più stare senza i supermercati aperti di domenica. Per comprare pane surgelato cotto.
Amo ripetere che il vero lusso dei nostri tempi, è il tempo libero.
E quando lo dico, spesso, vedo sguardi persi, di chi va indietro con la memoria e, come me, non ricorda più quando eravamo ricchi, ricchi di tempo, per noi, per gli altri, per le nostre ferie che, di fatto, non esistono più.
lunedì 3 agosto 2015
domenica 2 agosto 2015
sabato 1 agosto 2015
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