Post postumo: il resoconto del giro dell’isola di domenica 24 agosto 2008.
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Gran Canaria è bella, ma richiede la fatica di girarla nelle sue parti più nascoste.
Nella zona, bellissima per altro, dove c’è il nostro albergo, tutto sembra costruito a dimensione di turista: centri commerciali dove ci sono solo cose commerciali (tanto che per gli occhiali ho dovuto cambiare zona, per esempio), cittadine costruite intorno a Jumbo, kasbah, e centri commerciali come in Italia ce ne sono solo in alcune zone, immensi, pieni e strapieni di cose da vendere.
In certi momenti ho come avuto la sensazione che una parte dell’isola sia stata “adibita” a turismo, e che gli ab itanti si siano riservati l’altra parte per vivere in modo sereno senza essere “invasi”.
Per visitare la parte più bella dell’isola occorre portarsi a nord, ma c’è una bella autostrada, abbastanza trafficata ma deserta se raffrontata alle tangenziali milanesi.
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Il nostro percorso è cominciato a Arucas, appena fuori dall’autostrada, e l’impatto è stato di immediato relax: un paesino piccolo, confrontato con Maspalomas, con piccoli negozi, ben tenuto, un parco botanico da visitare e una cattedrale, la Iglesia de San Juan, che …. non te la aspetti, creata sullo stile della Sagrada Familia di Barcellona.
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Dopo Arucas la tappa è Firgas, da dove arriva praticamente tutta l’acqua in bottiglia per dissetare l’isola: la cosa fantastica di questo paesino che non avrebbe attrazione turistica è che, avendo solo l’acqua da pubblicizzare, hanno pensato bene di creare una serie di cascatelle d’acqua in centro paese, con due scalinate laterali sui bordi delle quali ci sono panchine di piastrelle dipinte con le principali città dell’isola, lo stemma sopra e scene di monumenti tipici. L’acqua che sgorga è ipnotica, è pulitissima (cielo non so se fosse potabile, ma è come se l’avessero colorata di trasparente!).
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Tra Arucas e Firgas abbiamo avuto il piacere di incontrare un motoraduno con non so quante centinaia di moto scortate da Guardia Civile e tutto il resto: queste stradine di paese e di montagna, dove già devi avere mille occhi, sono diventate per me come un videogioco, non sapevo più da dove sbucassero, se non fosse che i motociclisti sono gente seria e ti da la precedenza anche quando non ti spetta.
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La tappa dopo Arucas doveva essere Teror, e la sua chiesetta con la patrona dell’isola. Solo che è domenica, e la domenica è il giorno del mercato settimanale, e il mercato sta nella vietta centrale del paesello, e il parcheggio, che pure non è piccolo, è strapieno, e i vigili fanno circolare, e circola che ti circola, al quarto giro del paese senza speranza decidiamo di proseguire.
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Quindi prendiamo la strada verso Vega di San Mateo e quasi in prossimità del paese giriamo a destra verso Cruz de Tejeda, dove arriviamo, stanchi e affamati per fare tappa pranzo.
Il posto è un passo di montagna, contraddistinto dalla croce che segna il centro dell’isola e da cui partivano i camino reales, siamo a circa 1500 mt sul mare.
Nel ristorantino dove ci fermiamo ci consigliano il plato del dia, cordero e papas arrugadas con mojo rosso: la ragazza che ci serve ci spiega che è una razione piccina, così mi faccio tentare … quando arriva il piatto è spaventoso, ma non mi faccio intimorire e attacco il cosciotto.
Dopo una sana bevuta di coca cola (che ci aspetta ancora un bel pezzettone di strada) ci rimettiamo in marcia verso Artenara: ecco, Artenara rimarrà il grande mistero insoluto di questa vacanza, una bella cittadina, poche case, ma in mezzo al nulla. Strade impestate per arrivarci, oppure quelle belle noi non le abbiamo trovate, un caldo da anticamera dell’inferno, tanto che il climatizzatore è sempre andato al massimo e con risultati tutt’altro che soddisfacenti, eppure belle casette, tenute bene, tutto ordinato.
Dalla guida scopro che durante l’anno questa è una zona piovosa, che le vallate sono verdi: quelle che ho visto e fotografato e sono su flickr sono brulle alla massima potenza.
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La strada verso San Nicolas, promettono due guide su due, è una delle meno conosciute ma più spettacolari dell’isola, e dovendo fare ritorno comunque da quella parte, tanto vale provare a passare di lì.
Be’, diciamo che la strada da Mogan a Roque Nublo di qualche giorno fa era meno dell’antipasto di un pranzo da sposa…. ‘sta strada, giuro, me la sono sognata anche di notte: stretta, tutta curve, calda da quasi non poter scendere, ripida, discese con pendenze notevoli, ma bella, bella da togliere il fiato.
Mentre si scende appaiono il Roque Nubllo e il Pico de Las Nieves, e si affiancano tra di loro in un paesaggio da fim di far west, sul fondo un mulino a vento annuncia, subito sotto, un “embalse”, gli invasi che servono da riserva d’acqua e, credo, anche per la produzione di energia elettrica.
Dopo oltre un’ora e passa di strada, arriviamo sul fondo di questa stupenda valle, un ricordo indelebile di questa vacanza, anche per essere sopravvissuti, che più di una volta ho pensato: “ma se qui vado giù….”.
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In fondo , in fondo, c’è San Nicolas de la Aldea e la strada litoranea che riporta verso Agaete: i mirador invitano a fermarsi, anche per respirare noi e l’auto, e ripagano di vista sull’oceano a picco, sotto di noi.
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La strada è di nuovo tutta curve, e gli imbranati ci sono anche alle Canarie, se è vero che mi tocca per 5 km una ragazzina che se ne stava in mezzo alla strada, non lasciava passare nessuno, e non dava strada … (no comment!)
Quasi in prossimità di Agaete, con una coda dietro che non si contava più si è finalmente fatta da parte.
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Agaete è famosa per il “Dedo de Dios” al punto che, visto che il pezzo del dito è crollato qualche anno fa a causa di una tempesta, o cose del genere, stanno pensando di ricostruirlo, che, in effetti, adesso è un po’ un moncherino, più che un dito.
Tuttavia, il porto è carinuccio, e l’acqua è limpidissima. Un altro posto da “locali”, nel senso che qua il turista non si vede, le auto a noleggio sono pochissime, ci vengono gli spagnoli, la domenica, a mangiare e fare il bagno e noi ci sentiamo “ospiti”.
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Bellissima la scena cui ho assistito al bar dove ci siamo fermati a bere:
Turista: Spreachen si doich?
Barista: no
Turista: Do you speak english?
Barista: no
Turista: (con gli occhi al cielo e spallucce) uhuhuh
Barista: (rivolta alla turista) Do you speak spanish?
Turista: no
Barista (con gli occhi al cielo e spallucce) uhuhuh
(Mi sono girata per non ridere)
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Ad Agaete siamo arrivati verso le 5 di sera, ed eravamo veramente stanchini, e ancora con 100 km prima di tornare in albergo, quindi abbiamo tralasciato Santa Maria de Guia (che se ce la facciamo andiamo mercoledì) e abbiamo puntato verso l’albergo.
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Una giornata straordinaria, da ricordare, piena di natura, cielo, mare e di questa fantastica terra “vera” non turistica, di Gran Canaria.