Prima abbiamo ballato sui balconi, alle finestre.
Abbiamo cantato l'inno d'Italia e cucinato pizze e torte come non ci fosse un domani.
Poi abbiamo visto quella processione di camion dell'Esercito che portavano le bare da Bergamo a fuori provincia per la cremazione, perché a Bergamo non avevano più posto. Ed era lunga, quella processione, di notte, con le luci della strada deserta.
E allora abbiamo cominciato ad ascoltare: racconti dalla frontiera degli Ospedali, stravolti nella loro struttura per curare quante più persone possibili. Medici, infermieri, coperti dalle tute spaziali che li rendono irriconoscibili, davanti a una malati che restano soli, senza gli affetti, che muoiono soli, forse solo con la consolazione di una videochiamata a casa, o accompagnati direttamente alla morte dopo essere stati intubati.
Ed è cominciata la paura, razionale, che ti porta a seguire le regole e stare in casa, e irrazionale, che porta gli anziani, i più deboli, ad uscire di casa tutti i giorni per comprare un panino al giorno e mezzo litro di latte. La rabbia razionale di chi non vuole, ma sta in casa, e quella irrazionale che insulta quelli che escono, senza nemmeno chiedersi il perché.
Poi è arrivato l'orgoglio, degli italiani veri, che non stanno nè a destra nè a sinistra, ma che ringraziano il cielo per tre ospedali tirati su dal nulla in dieci giorni grazie alle donazioni e al lavoro di tantissimi volontari, e grazie al fatto che la burocrazia, per una volta, è stata messa all'angolo.
E ora arriverà Pasqua: la principale festa per i cristiani, e sarà senza sacramenti.
Ma ho come l'impressione che la cura dell'anima stia passando un po' troppo in secondo piano.
E' arrivata la stanchezza, quella dell'incertezza, quella della malattia che comincia ad avere il nome e cognome delle persone che se ne stanno andando, quella della paura, dell'insicurezza, del non sapere più cosa inventarsi per non pensarci. Quella stanchezza che, o cambi, o sei davvero quel resiliente che dicevi di essere, o prima o poi ti spazza via.
E quindi, piego le gambe, per attutire il colpo.
E prima di esser troppo stanca, mi preparo a saltare sullo sperone del nuovo tratto di vita che ci attende.
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