domenica 13 marzo 2016

New York. La amo già

E il gran giorno è arrivato.

Volo di quasi 9 ore da Malpensa.
Ho lasciato l'Italia con un po' di malinconia, ma contenta di questa grande esperienza che mi appresto a vivere.

Le Alpi mi hanno dato il loro saluto in tutta la loro bellezza e, grazie all'iphone, che non volevo prendere ma al quale mi sto già affezionando, ho portato a casa un ricordo di questo spettacolo che è la natura di casa mia.

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Sarà stata l'adrenalina, sarà stato che ho trovato la posizione giusta nella poltroncina non proprio abbondante di Delta, ma sono arrivata senza essere troppo stanca.
Il controllo passaporto, che tutti mi avevano dipinto come un'esperienza epica dopo il viaggio non proprio comodo, è durato circa 5 minuti, Niente coda, metta la mano lì, e via.

Per tutta una serie di motivi ho optato per il taxi dal JFK all'hotel.
Vedere New York dal vivo è tutta un'altra cosa.
Nessuna fotografia, filmato, film o racconto ti prepara a quello che si vede dal vero.

E' impressionante, è bellissima.
E' già amore.

Scendendo con il l'aereo guardavo in giro e vedevo casette piccole, basse, vicine ma non attaccate l'una all'altra come le nostre. Ricami immensi di casette, e verde e stradine.
Avvicinandomi a New York dall'autostrada ho visto un enorme cimitero, non di quelli belli dei film tutti erba verde e lapidi ordinate. No, era immenso, l'erba secca dell'inverno e non proprio un ordine geometrico nelle lapidi.

E poi lei, la città. Come vedere da lontano la sagoma di  due mani formate da un grande numero di dita, lunghissime. E il ponte che stavamo percorrendo nel mezzo.

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Con il taxista ho tentato un mini dialogo. Parlava americano al cubo: ad un certo punto, che ci eravamo anche capiti, mi dice qualcosa del tipo "wewew". Boh ... Non capisco. E ripete "wewew". E mi indica il cielo. Solo che eravamo nel tunnel. Poi ho capito: ahhhh "weather". Intendeva il tempo, mi stava spiegando che probabilmente in settimana arriverà la pioggia. Meno male che poi siamo arrivati all'hotel.

Entrata, mollate le valigie, via di corsa all'ufficio dell'Onu per il rilascio del badge.
New York,  a piedi, è proprio facile da girare: sembra di fare la battaglia navale, cerchi le coordinate e arrivi esattamente nel punto indicato, preciso preciso. Chissà chi se l'è inventato questo sistema di dare i nomi alle strade.

Negli uffici dell'Onu ho incontrato tantissimi giovani. Ma proprio giovani, massimo 25 anni ad occhio e croce. Volontari, bravissimi. Tutti a guidare, indirizzare, tutti sorridenti. Ho mostrato le mie credenziali, il mio passaporto, mi hanno fatto la foto, e voilà, in meno di cinque minuti avevo il mio pass con foto.
E così mi sono evitata le lunghe code che si prevedono domani, ma, soprattutto lunedì.

Badge

Nella strada tra l'hotel e l'Onu ho cominciato a guardarmi in giro.
E ... insomma, sono senza parole. Non è tanto la città in sè, i palazzi, i colori, quanto l'aria che si respira.
Dai grattacieli, alla stazione di Grand Central (dove sono andata a prendere la Metrocard, così giro senza problemi per tutta Manhattan e oltre), insomma, ovunque è una città dove non si sente il caos, dove la polizia è presente e rassicurante, dove le persone non spingono, non si accalcano, fanno le file ordinatamente.
Insomma una città che innamora. La amo già.

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Ora sono cotta, sono le 19.30, ma per l'Italia è la 1.30 di notte.
Per quanto tenti, la levataccia, il viaggio, l'adrenalina ... sto crollando.
So già che, come tutti quelli che arrivano dall'Europa, stanotte alle 5 sarò sveglia come un grillo.
Ma non ci posso fare nulla. Vado a dormire.

Domani ci sarà il Consultation Day, una giornata per le "matricole" come me che hanno studiato tutto ma non è detto che abbiano capito tutto. Meglio andare a sentire.
E poi saremo in zona Central Park. E, ovviamente, al Consultation Day ci vado con la Niki.

A domani!

3 commenti:

Angelo Porro ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Angelo Porro ha detto...

Grande!

Elena Trombetta ha detto...

Grazie :)